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Foto di famiglia Besso Lumbroso

La nostra storia

La Fondazione “Ernesta Besso”, dedicata alla moglie di Marco Besso, Ernesta Pesaro Maurogonato,  eretta in Ente Morale con R.Decr. 28/12/1922 n. 1853, nasce per mano di Lia (Natalia) Besso, che ne fu la prima presidente, ed ha ancora oggi sede nel palazzo della Fondazione Marco Besso.

La Fondazione – come cita lo statuto del 1922 – “…ha creato per ora un Istituto di cultura per le maestre elementari, con lo scopo di guidarle verso una più chiara coscienza della missione della Donna, in generale, e della Insegnante in particolare”.

 

Ernesta Besso Pesaro Maurogonato, fu la terza figlia di Isacco Pesaro Maurogonato – uno dei Triumviri, con Daniele Manin, dell’ultima Repubblica di Venezia, poi deputato dell’Italia risorta e Ministro. Ernesta Besso fu per suo marito Marco, capo di una delle più potenti società europee, quella delle Assicurazioni Generali, non solo la compagna, la sposa, la confortatrice domestica, ma anche la consigliera, la collaboratrice, l’ispiratrice coraggiosa e sicura. 

 

La Fondazione Ernesta Besso costituì il suo primo Consiglio Direttivo alla fine del 1922.  Ne facevano parte: La Baronessa Lia Lumbroso in qualità di Presidente; la N.D Maria D’Amelio Vice Presidente; la Prof.ssa Valeria Brunetti Brunelli Consigliera per parte del Museo Pedagogico; la N.D. Ortensia Caracciolo. Nella delibera della seduta di Consiglio della Fondazione Marco Besso del 15 novembre 1922 si aggiungono anche i Consiglieri: On.Gabriele Pincherle, On. Luigi Rava e Avv. Francesco Catelli. Il 10 gennaio 1923 la Fondazione Ernesta inaugurò pubblicamente l’inizio della sua attività con un annuncio ed un invito 

Ernesta Pesaro Maurogonato Besso
(1854-1914)

Foto di Lia Besso

Ernesta nasce nel 1854 a Venezia da Isacco Pesaro Maurogonato e Betsabea Ascoli. Terzogenita di quattro figlie, Ernesta perde la mamma quando aveva soltanto 6 anni. Vive con il padre e le sorelle Letizia, Elena e Adele a Venezia con la nonna che accudisce le bambine quando il padre, famoso deputato del Regno d'Italia per cinque legislature, è lontano per il suo incarico istituzionale.

 

Ernesta conosce Marco Besso intorno agli anni 1871-72 quando era un promettente impiegato della Compagnia delle Assicurazioni Generali di Trieste di cui Isacco Pesaro Maurogonato era alto funzionario, e si sposano nel 1874. Dall’unione con Marco Besso nascono quatto figli, Lia (Natalia) nel 1875, Salvatore nel 1877, Iso nel 1880 e Salvatore nel 1884. I due maschi nati dopo Lia, muoiono entrambi in giovane età nel 1882.

 

Del carattere di Ernesta conosciamo poco, ma le parole dell’amico di famiglia Maffio Maffi, pronunciate il giorno dell’inaugurazione della Fondazione che Marco Besso volle portasse il nome della sua amata consorte, il 23 gennaio del 1923, danno un’idea più chiara di chi fosse:

“Ernesta Besso fu per suo marito Marco, capo di una delle più potenti società europee, quella delle Assicurazioni Generali, non solo la compagna, la sposa, la confortatrice domestica, ma ne fu, nella sua silenziosa modestia, la consigliera, la collaboratrice, l’ispiratrice coraggiosa e sicura.

 ….coloro che più di sovente frequentarono l’indimenticabile signora Ernesta, difficilmente poterono intuire fino a qual punto ella rappresentasse la fonte onde attingevano lena, ideali, freschezza, quanti vivevano nella cerchia della sua attività famigliare. Ella era veramente il grande appoggio morale, sentimentale e sociale del Comm. Marco Besso, vale a dire di una delle più forti tempre di costruttore che abbia avuto, dal 1870 in poi, l’Italia unificata.

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Quest’importanza che il suo spirito sereno esercitava anche sull’ingegno combattivo e preminente di lui sarebbe rimasta quasi ignorata – tant’era la modestia di quell’anima che tutto donava e per sé nulla chiedeva – se fra le carte di Marco Besso non avessimo trovato alcuni documenti commoventi e rivelatori: sono le lettere ch’egli continuava a scrivere alla sua compagna d’affetto e di lavoro, anche dopo ch’ella più non esisteva. Lettere che, nelle ore più tristi, negli anniversari più salienti, negli attimi decisivi della sua opera, rivolgeva alla moglie, morta fin dal 1914, come s’ella fosse stata sempre in vita ed avesse potuto leggere l’affettuoso epistolario che il marito spiritualmente le dedicava.

 

Ciò dimostra come i due coniugi avessero conservato una dolce consuetudine, che neppure la suprema separazione potè troncare: quella di confidarsi non solo il loro più intimo pensiero, ma di scambiarsi perfino idee e suggerimenti sulle cose più lontane dalla loro vita comune. Marco Besso comunicava alla fedele rasserenatrice della sua esistenza i progetti della sua vasta mente finanziaria, il piano delle sue ricerche storiche, le varie fasi di sviluppo dei suoi lavori letterarii. E la metteva al corrente, con una confidenza comunicativa che avrebbe sorpreso chi poco ne conosceva cotesto angolo intimo dello spirito, dei particolari apparentemente insignificanti della propria attività di studioso: una scoperta erudita, una conversazione interessante, un incontro notevole in qualcuno dei frequenti viaggi che egli faceva attraverso l’Europa, il principio o il termine della correzione delle bozze di un libro.

Così, attraverso il riconoscimento esplicito di lui, noi intuiamo quale volontà al bene e quale sostegno morale sia stata per il marito, in ogni istante della lunga formidabile fatica, quella dolce piccola donna

 che parlava poco e piano, ma sempre con un sorriso indulgente sulle labbra, quasi ella sapesse del mondo e degli uomini più che non dicesse e volesse confortarne gli errori, le miserie, le debolezze con un’assoluzione preventiva. Mite e raccolta ma pronta ed attenta in ogni atto da cui potesse dipendere il bene altrui, sapeva essere forte ogni qualvolta le circostanze lo richiedevano, e trovava senza scosse e senza animosità le vie più celeri della persuasione, quando era necessario affrontare una situazione e risolverla. La sua modestia riservata non era mai passività e neppure sterile rassegnazione; risultava invece da una grande chiaroveggenza interiore, per cui sapeva che nella vita meglio si raggiunge uno scopo quanto più si diffonde intorno a sé di quella che Dante chiamerebbe “virtù di grazia illuminante”. E sapeva trovare nel suo prossimo, con poche parole, la strada del cuore, mentre l’accento veneto ch’ella avea conservato intatto, anche dopo la lunga dimora a Roma, metteva nelle inflessioni della sua voce una sottolineatura di accorata bontà e di delicata tenerezza. Aveva insomma un’anima così ricca di sentimento che poteva prodigarne a piene mani a tutti quelli che l’avvicinavano ed esercitava su di loro un’azione tanto più efficace, quanto meno sapeva farla sentire.[…]”

 

Ernesta e Marco persero, nel 1912, il figlio Salvatore che a 26 anni aveva già avviata la sua carriera di giornalista e scrittore, con i suoi numerosi articoli sul mondo asiatico, che lui ben conosceva grazie ai due lunghi viaggi in Estremo Oriente.

 

Ernesta ne radunò le lettere, i documenti, i cimeli, le fotografie, testimonianze ancor vive dell’ultimo viaggio del figlio nel Siam e nella Cina, pubblicandoli nel volume intitolato Siam e Cina. 

 

Nel 1914, completata l’opera in memoria del figlio Salvatore, Ernesta si spense, lasciando il marito Marco, la figlia Lia (Natalia) e i suoi tre nipoti Maria Laetitia, Ortensia e Giacomo.

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